Dopo l’accordo tra la giunta militare e le Forze per la libertà e il cambiamento, si è insediato un nuovo Consiglio.
Dopo l’accordo tra la giunta militare e le Forze per la libertà e il cambiamento, si è insediato un nuovo Consiglio.
Il Sudan è entrato in un periodo di transizione. Dopo l’accordo dello scorso 17 agosto tra la giunta militare, che aveva preso il potere dopo i mesi di proteste di strada che in aprile avevano fatto crollare il controverso presidente Omar al-Bashir, e l’opposizione riunita nelle Forze per la libertà e il cambiamento, si è insediato il Consiglio sovrano che ha il compito di portare il Paese alle elezioni nel 2022.
Guidato per i primi ventuno mesi dal generale Abdel Fattah al-Burhan, già a capo del Consiglio militare e che sarà sostituito nei successivi diciotto da un civile, è composto da cinque militari e cinque civili. Tra questi ultimi, particolare rilevanza in termini di tolleranza religiosa ha la nomina di Rayaa Nicol Abdel Masih, cristiana copta. Come avvocata, le sue competenze legali potranno aiutare nella transizione democratica verso un governo civile. Intervistato da Vatican News, Raffaello Zordan, analista di Nigrizia, invoca comunque prudenza.
“Si tratta di capire dove porterà davvero questo Consiglio sovrano, praticamente un governo provvisorio […]. Più profondamente dovrebbe sancire il fatto che dovremmo trovarci di fronte, poi, ad un governo laico, quindi non più ad una dittatura islamista […]. Molti dei professionisti che facevano parte delle associazioni che hanno promosso i moti di piazza pacifici di questi mesi restano però alla finestra; tentano di fare pressione ma non sono entrati nell’esecutivo.”
Alla cerimonia di ratifica di questo accordo, assieme alla preghiera di uno sceicco c’è stata quella di un prete copto: un segnale di speranza?
“Questi segnali simbolici hanno comunque un valore e vanno presi in considerazione. Dopo di che mettersi all’interno del governo e modificare le cose credo sia una partita difficile, perché stiamo parlando di un Paese che dal 1989 – quindi da trenta anni – era retto da Omar al-Bashir. Cos’ha fatto quest’uomo in questi anni? Ha praticamente destrutturato lo Stato e ha giocato delle partite terribili come quella del Darfur. Il punto è che oggi chi comanda, chi ha in mano il potere, la forza, in Sudan è un personaggio come Mohamed Hamdan Dagalo, che è praticamente il numero due dei militari; ma è anche colui che ha in mano le milizie, le famose Forze di Supporto Rapido. […] È giusto dare credito a questo nuovo esecutivo provvisorio, ma bisogna sapere che si cammina sul filo del rasoio.”
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