Per una teologia del gioco: anche Cristo ha vinto sconfiggendo la morte

Col suo carattere simbolico, il fenomeno ludico è un modo per approcciarsi alla vita e al messaggio di Gesù.

In latino, ludus e iocus sono i termini con cui ci si riferiva all’attività ludica, a ogni rappresentazione gioiosa e divertente. La prima parola, però, non indicava qualcosa di alternativo alla serietà, tanto che veniva usata anche per l’insegnamento scolastico, l’esecuzione musicale e la rappresentazione sacra. La seconda, invece, indicava lo scherzo irriverente e derisorio ed è quella poi prevalsa nella lingua italiana, cosa alla base del pregiudizio nei confronti di tale argomento in termini di autorevolezza. In greco, i lemmi paidia, paideia, pais, paizon costituiscono un plesso semantico che accosta il giocare, l’educare e l’essere bambini.

Fabio Cittadini, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, propone una teologia del gioco proprio perché indagare il fenomeno ludico, con il suo carattere profondamente simbolico, può essere un modo proficuo per approcciarsi ai Vangeli. Intervistato da ACI Stampa, lo studioso ha detto che «La teologia ha affrontato il fenomeno ludico o alludendovi esplicitamente o implicitamente perché in duemila anni di storia c’è chi ha pensato che il gioco fosse qualcosa di non serio. Oggi come duemila anni fa si fa fatica a comprendere che il fenomeno ludico è un fenomeno articolato e presenta diverse forme».

L’evento cristologico, invece, può essere visto nella sua tonalità ludica, in particolar modo se si pensa che Gesù ha attuato un gioco mimetico imitando in tutto e per tutto il Padre e la sua infinita misericordia, proprio come un bambino copia gesti e parole dei propri genitori. Nella Pasqua, poi, Cristo «ha partecipato a tutti gli effetti ad un gioco agonistico e ne è uscito vincitore: è il Risorto!», afferma il teologo. Oggi la Chiesa può essere simbolo di speranza perché tutti i fedeli, dal Papa all’ultimo battezzato, possono giocare in tal senso, ognuno a suo modo e secondo le sue capacità. «Se tutti giocano nella Chiesa allo stesso gioco ognuno per la sua parte, essa realizza la sua natura di essere sacramento del genere umano», anche perché nessuno viene messo fuori gioco.

Il linguaggio ludico, scrive Cittadini, rappresenta un linguaggio aurorale in quanto è quello con cui i bambini, che non sanno fare altro che giocare, esprimono sé stessi. Il gioco viene vissuto in maniera gratuita, come motore per la crescita e quale strumento di conoscenza e risoluzione dei problemi. Ma esso si dimostra utile anche quando si diventa adulti, perché, esprimendo l’origine della condizione umana, va inteso come una funzione piena di senso. Dunque, anche Dio gioca con la sua creazione, coinvolgendoci e proponendoci delle regole che si può scegliere di rispettare, e vuole che tutti vinciamo, salvandoci.