Putin ha ordinato che la preziosa e fragile icona del 1422 passasse dallo Stato al Patriarcato di Mosca.
Putin ha ordinato che la preziosa e fragile icona del 1422 passasse dallo Stato al Patriarcato di Mosca.
Nella guerra di invasione dell’Ucraina, il presidente russo Putin ha schierato uno dei più celebri simboli della religiosità ortodossa: la preziosa e fragile icona della Trinità dipinta intorno al 1422 dal monaco Andrej Rublëv. Con l’obiettivo di sollecitare il misticismo patriottico ancora presente in molti suoi concittadini, scrive Avvenire, egli ha sfruttato per motivi politici l’opera sacra firmando il decreto per il quale la Galleria Tretjakov, che la conservava, ha dovuto cederla al Patriarcato di Mosca. L’icona è stata prima esposta nella cattedrale di Cristo Salvatore durante la solennità della Pentecoste (domenica 4 giugno), durante la quale migliaia di fedeli hanno sfilato per adorarla, poi collocata nel monastero della Trinità di San Sergio a Sergeev Posad, il cosiddetto “Vaticano russo” a settanta chilometri dalla capitale.
Non potendo impedire al regime putiniano di fare questa scelta, la direttrice della Galleria Tretjakov Elena Pronicheva ha almeno preteso un’assicurazione sull’opera di cinquecento milioni di dollari, altrimenti si sarebbe dimessa creando uno scandalo. Elizaveta Likhacjova, direttrice del Museo Pushkin, ha detto chiaramente che l’icona sarebbe potuta cadere a pezzi. L’arciprete Leonid Kalinin, capo della Commissione per le arti del Patriarcato, ha esposto la sua contrarietà dichiarando il dipinto non trasportabile, ottenendo però la revoca da ogni incarico. Nonostante la contrarietà dei professionisti del settore, l’operazione è stata troppo caricata di significato per essere messa da parte.
D’altronde, il santo Rublëv visse a lungo a Sergeev Posad, dove dipinse la Trinità proprio per la canonizzazione di san Sergio. Poi, l’opera fu elevata nel 1511 al rango di “icona delle icone” in un concilio diretto dallo zar Ivan il Terribile, colui che pose le basi dell’impero russo. Infine, la cattedrale di Cristo Salvatore era stata costruita in memoria della vittoria su Napoleone. Questi sono tutti riferimenti storici che, agli occhi di Putin, sono utili per sostenere la sia visione ideologica di ricostituzione del Russkij mir, il grande modo russo. Inoltre, il presidente russo ha ricambiato così il favore del Patriarca Kirill, il quale sostiene senza riserve l’aggressione armata e rappresenta l’istituzione ortodossa che da quasi cent’anni rivendica l’icona, si legge su SettimanaNews.
Su Famiglia Cristiana, il professore di storia e cultura russa al Pontificio Istituto Orientale don Stefano Caprio commenta così i fatti: «Oggi le icone non vengono soltanto sottratte ai musei per innalzarle nuovamente alla gloria della Chiesa di Stato, come la Trinità […], rinchiusa in una teca super-tecnologica che ricorda molto il mausoleo di Lenin sulla piazza Rossa, nella speranza che non diventi un pupazzo grottesco come la salma del profeta della rivoluzione. […] La Trinità è stata arruolata nell’esercito invasore, e rimane solo da sperare che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, almeno loro che sono fonte della grazia vivificante, siano in grado di raggiungere un accordo di pace tra Russia e Ucraina, tra Oriente e Occidente, tra Dio e l’uomo».
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