“Il capitale umano al servizio del lavoro” è il titolo del messaggio dei vescovi italiani per la Festa del 1° maggio di quest’anno.
“Il capitale umano al servizio del lavoro” è il titolo del messaggio dei vescovi italiani per la Festa del 1° maggio di quest’anno.
“Viviamo in un sistema economico che ha dimostrato capacità eccezionali nel creare valore economico a livello globale, nel promuovere innovazione e progresso scientifico e nell’offrire ai consumatori una gamma sempre più vasta di beni di qualità. Il rovescio di questa medaglia sta nella difficoltà di promuovere un’equa distribuzione delle risorse, di favorire l’inclusione di chi viene scartato, di tutelare l’ambiente e difendere il lavoro. In questo contesto la sfida più formidabile, soprattutto nei paesi ad alto reddito dove i lavoratori avevano conquistato con dolore e fatica traguardi importanti, è proprio quella della tutela e della dignità del lavoro. Dignità che è essenziale per il senso e la fioritura della vita umana e la sua capacità di investire in relazioni e nel futuro.”
Parte da questa considerazione il messaggio dei vescovi italiani per la Festa del 1° maggio di quest’anno, redatto dalla Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e intitolato “Il capitale umano al servizio del lavoro”. Le difficoltà di questa situazione stanno nel modo in cui ci si adatta a due trasformazioni epocali: la globalizzazione, che comporta delocalizzazioni e rischi della competizione al ribasso, e la quarta rivoluzione industriale, che rende obsoleti alcuni tipi di mansioni. Stando ai quattro aggettivi individuati da Papa Francesco, il lavoro del futuro dovrà essere libero, creativo, partecipativo e solidale per poter vincere queste sfide.
“Come persone credenti non dobbiamo mai perdere la speranza e la capacità di leggere le opportunità del nuovo che avanza assieme alle sfide e agli ostacoli che ci pone. La rete, le macchine intelligenti e le nuove opportunità d’interazione tra le stesse e con gli esseri umani aumenteranno sempre più la nostra capacità di fare e modificheranno la nostra capacità di agire. Le macchine intelligenti non potranno mai competere con gli esseri umani in ciò che li rende veramente uomini: la vita di relazioni, la prossimità e la cura interpersonale. E assieme ad esse gli spazi per la creatività artistica, scientifica e culturale. […] Il progresso scientifico e tecnologico è un dono e un frutto dell’operosità dell’ingegno umano che può diventare benedetto o avvelenato a seconda della maggiore o minore capacità di porlo al servizio della persona.”
Per questo, il progresso non deve farci distogliere lo sguardo dalla denuncia e dalla condanna di quelle dinamiche del lavoro molto lontane dall’essere libere, creative, partecipative e solidali. Occorrono politiche che favoriscano sia la formazione nelle competenze necessarie a sfruttare le nuove potenzialità create, sia l’umanità fatta di fiducia, cura interpersonale, reciprocità, prossimità.
“Un compito irrinunciabile e sempre più delicato sarà quello di inclusione degli scartati e dei più deboli. Sapendo che la soluzione non potrà essere quella di una mera erogazione monetaria poiché la dignità della persona passa attraverso la sua capacità di essere utile e di contribuire al progresso sociale e civile. Le forme d’intervento e di aiuto per gli esclusi non potranno non avere come stella polare quella di un approccio generativo che mira ad offrire opportunità d’inclusione e di partecipazione alla vita sociale e produttiva.”
Solo superando la carestia di speranza puntando su fiducia, accoglienza e innovazione e non chiudendosi nella sterilità della paura e nel conflitto, solo comprendendo che l’altro non è colui che mi contende una ricchezza data ma è un dono e un’occasione per costruire una torta più grande, solo dando dignità a ogni lavoro, il benessere economico e sociale sarà diffuso all’intera comunità.
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