Un diplomando su due ha il timore di diventare un Neet

Secondo un sondaggio tra studenti delle superiori, il problema sta nell’efficacia delle proposte offerte dalle scuole.

Nel prendere il diploma, un maturando su due ha il timore di diventare un NEET (Not in Education, Employment or Training, ovvero non attivo nell’istruzione, nel lavoro o nella formazione) e circa uno su tre non ha le idee chiare su cosa fare nel prossimo futuro. Secondo un sondaggio condotto da Skuola.net su un campione di duemilacinquecento studenti delle scuole secondarie superiori, tra i quali quasi un terzo che hanno fatto la maturità, è questa la preoccupante situazione dei ragazzi e, soprattutto, delle ragazze che si avviano a concludere il proprio ciclo scolastico.

Purtroppo, questa fotografia è peggiore di quella che emerge dalle statistiche ufficiali: in Italia, nella fascia d’età tra i quindici e i trentaquattro anni i Neet sono oltre uno su quattro. Il lato positivo è che, a differenza di questi ultimi, per i giovani ancora tra i banchi di scuola si può intervenire. Il problema sta, secondo i sondaggisti, nella pianificazione e nell’efficacia delle proposte offerte dagli istituti: per quasi il sessanta percento dei diplomandi, le attività di orientamento o non sono state fatte o sono arrivate all’ultimo momento. Essendo invece i maturandi per la stragrande maggioranza interessati a essere informati, si sono attivati da soli, cercando notizie primariamente tra i coetanei e poi tra gli adulti, sui social network e sui siti di informazione, facendo esperienze di praticantato o frequentando i saloni dedicati.

Anche perché, quando l’orientamento viene svolto nella scuola, per quasi il sessanta percento degli studenti i consigli ricevuti sono stati poco o del tutto inutili. Relativamente a ciò, un altro problema rilevato dall’indagine riguarda chi si occupa di questa attività. Due studenti su cinque si sono confrontati principalmente con rappresentanti di atenei ed enti di formazione, circa uno su quattro quasi esclusivamente con i propri docenti, solo uno su cinque anche con orientatori e formatori professionisti, appena uno su dieci con persone del mondo del lavoro o esperti di selezione del personale. Stando alle richieste di ragazzi e ragazze, queste proporzioni dovrebbero essere invertite, perché essi sono più interessati ad ascoltare chi ha a che fare con l’orientamento, il lavoro e le risorse umane. È certo un bene far conoscere i percorsi accademici, ma non può rimanere minoritaria la presentazione delle opportunità di lavoro per diplomati, dei concorsi, degli Istituti Tecnici Superiori, dell’avvio all’imprenditorialità.