Non basta più fare del bene per convincere donatori, volontari e istituzioni a credere nell’organizzazione. Occorre dimostrare e valutare il bene prodotto.
Non basta più fare del bene per convincere donatori, volontari e istituzioni a credere nell’organizzazione. Occorre dimostrare e valutare il bene prodotto.
L’ultimo censimento Istat degli enti non profit rileva, dal 2011 al 2015, una crescita del 110,3% degli enti ecclesiastici e delle organizzazioni religiose, per un totale complessivo di 14.380 realtà. Questi indici testimoniano come l’intero comparto degli enti a cosiddetto movente ideale stia strutturando la propria opera attraverso la creazione di organizzazioni in grado di gestire lo sviluppo delle varie attività legate alle realtà religiose del nostro paese.
Sempre di più è possibile incontrare la fondazione legata al monastero nata per fare fundraising, l’impresa sociale sorta per la gestione della scuola parrocchiale o della casa d’accoglienza, la fondazione pensata per prevenire il rischio usura. Nello svolgimento della propria attività istituzionale, ognuno di questi enti è però chiamato, in questo tempo, a rispondere ad una sfida sempre più vitale per la loro crescita ed il loro sviluppo.
Non basta più fare del bene per convincere donatori, volontari e istituzioni a credere nel buon fine dell’organizzazione, ma occorre dimostrare e valutare il bene prodotto. Per “bene” si intende non solo il numero di buone azioni compiute, ma come ognuna di queste ha modificato e migliorato la qualità del contesto di intervento. Questo concetto è semplice da comprendere, ma difficile da applicare, poiché ogni organizzazione nel suo profondo teme il giudizio altrui.
Ma, come riporta il prof. Stefano Zamagni:
• valutare non vuol dire giudicare, ma dare valore a ciò che si fa;
• valutare vuol dire mettere in atto una serie di procedure e non trovare una metrica unica;
• la misurazione non è solo quantitativa ma anche qualitativa;
• l’adozione della logica dell’impatto è pedagogica: quando si mette in atto una procedura valutativa l’organizzazione cambia e migliora.
Insomma, la valutazione non è un giudizio di merito, ma è attribuzione di valore a ciò che si fa, indentificandone unità di misura e riportando ogni azione al senso della mission dell’ente. Solo in questo modo si riuscirà a creare vera fiducia e vero capitale sociale, ingredienti fondamentali per ogni ente ecclesiastico e religiosi che desidera coinvolgere il prossimo nel proprio percorso di evangelizzazione e sostegno dei più bisognosi.
Andrea Romboli
Docente del Master in Fundraising, comunicazione e management degli enti ecclesiastici e le organizzazioni religiose
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