Il Vaticano è tra i pochi stati ad avere relazioni diplomatiche con Taiwan

Pechino considera parte del proprio territorio l’isola taiwanese, non riconosciuta da quasi tutte le nazioni del mondo.

La visita a Taiwan della presidente della Camera dei rappresentanti degli USA, Nancy Pelosi, ha scatenato la reazione della Cina, che vede l’isola come parte integrante del territorio della Repubblica popolare cinese e reputa questo gesto istituzionale una violazione del principio della Cina unica. Lo stato democratico con capitale Taipei, diventato come lo conosciamo oggi in seguito alla fuga dei cinesi sconfitti dal partito comunista di Mao nel 1949, non è infatti riconosciuto ufficialmente dalla maggior parte delle nazioni del mondo. Molte di loro mantengono comunque relazioni informali tramite uffici o istituti, anche perché esso può vantare oltre la metà della produzione globale di semiconduttori, componenti fondamentali per tantissime tecnologie moderne.

Attualmente ci sono solo ventidue (piccoli) Paesi che riconoscono Taiwan in via ufficiale, tra cui la Città del Vaticano, unico in Europa. I rapporti diplomatici con la Santa Sede risalgono al 1942 e nove anni dopo, a causa dell’espulsione dell’internunzio da Pechino, la nunziatura si stabilì proprio a Taipei, sull’isola considerata territorio cinese nonostante la recente sconfitta nella guerra civile (il nome ufficiale è ancora Repubblica di Cina). Come si legge su Mondo e missione, all’inizio degli anni Cinquanta c’erano undicimila cattolici e arrivarono, assieme a un milione di soldati e rifugiati, oltre ottocento sacerdoti e svariate centinaia di suore. Successivamente, i fedeli raggiunsero il numero di trecentomila, soprattutto grazie alle opere sociali, necessarie a un popolo in grave emergenza e ai profughi, e alle conversioni tra i gruppi etnici delle zone montuose centrali.

Questa era però una sorta di Chiesa in esilio, in quanto i vescovi e i presbiteri provenienti dalla Cina continentale contavano di tornarci. Nessun papa ha messo piede a Taiwan e l’uso della lingua nazionale cinese a scapito del taiwanese ha contribuito a creare poche radici nella popolazione. A questo si è cercato di porre rimedio trent’anni fa, adottando l’idioma locale nella liturgia e scegliendo vescovi autoctoni di qualsiasi gruppo etnico. Ma, nonostante ciò, ora le adesioni al cattolicesimo sono diventate rare, in quanto viene visto come estraneo alla propria cultura e difficile da comprendere e praticare. Però, qui la fede può essere praticata in pace e questo non è da poco di questi tempi in cui la libertà e il dialogo sembrano sempre più scarseggiare.