Il veneziano che introdusse in Etiopia l’iconografia di san Giorgio e il drago

Nel Quattrocento Nicolò Brancaleone, sconosciuto in patria, diventò un artista di successo nelle terre dell’antica Chiesa copta.

Strano a dirsi, ma la figura di san Giorgio e il drago, soggetto importante dell’arte dell’Etiopia, fu introdotto nel paese africano negli ultimi decenni del Quattrocento da un pittore veneziano. Nicolò Brancaleone, sconosciuto in patria, diventò un artista di successo in quella terra che, tra le prime al mondo, vide la nascita di una Chiesa ortodossa, fondata alla metà del IV secolo da san Frumenzio. Come racconta il sito della rivista San Francesco riprendendo un articolo del Corriere della Sera, egli se ne partì dalla Serenissima, artisticamente dominata dai Bellini o dai Vivarini, per arrivare nella mitica “Abasce”, come Marco Polo aveva chiamato l’Abissinia, forse nel 1480 e per starci quarant’anni.

Probabilmente, scoprì l’esistenza di questo Paese vedendolo nel mappamondo di fra Mauro conservato a San Michele in Isola, o sentendo i resoconti sulle due delegazioni etiopi giunte a Firenze per il Concilio nel 1441, oppure ascoltando i racconti sul mitico Prete Gianni, che da tre secoli si diceva fosse il ricchissimo e potente signore locale. Fatto sta che, con spirito d’avventura, partì col sogno di fare fortuna in terra straniera. E non fu l’unico. Secondo una lettera dell’epoca, alla corte del negus Eskender assieme a lui vi erano altri viaggiatori italiani, giunti in cerca di oro e pietre preziose. Il re dell’Etiopia li trattava bene, ma non li lasciava tornare.

Così, lo stile di Brancaleone, nonostante fosse alquanto artigianale rispetto agli standard qualitativi richiesti dalla Venezia del tempo, si affermò nella pittura etiope, soprattutto grazie all’introduzione di iconografie che la influenzarono per secoli. Addirittura, egli è l’unico artista, tra tutti quelli locali e quelli europei ma ignoti, a essere ricordato con il suo nome. In una miniatura è presente la sua firma: “Opus mevs Nicholavs Brancalew Venetus”, mentre in un trittico dominato da san Giorgio che uccide il drago la frase in amarico: “Questo l’ho dipinto io, Märqoryos l’europeo”.

Il suo successo potrebbe essere dovuto proprio all’introduzione delle raffigurazioni di san Giorgio, il santo martire patrono dell’Etiopia, ma anche da altre innovazioni da lui introdotte, come l’iconografia della Madonna che porta il Bambino sul braccio sinistro invece che, come da tradizione, su quello destro. O magari le sue figure erano considerate esotiche e affascianti, visto che dipingeva copricapi realizzati in una grande varietà di forme, che con grande probabilità rispecchiavano la moda veneziana dell’epoca.