La Via Crucis spiegata con la Divina Commedia

Un percorso per guardare alla Passione di Cristo in modo diverso nel settecentesimo anno dalla morte di Dante.

Una Via Crucis ispirata ai versi della Divina Commedia è il percorso suggestivo e pieno di significato proposto da Vino Nuovo per spiegare la Passione di Cristo in modo diverso. Nel settecentesimo anno dalla morte di Dante Alighieri (1321-2021), Maurizio Signorile racconta le varie stazioni (raccolte in sette) seguendo la spiritualità del Sommo poeta. Ad esempio, quando inizialmente Gesù viene condannato, coronato di spine e caricato della croce, egli cita i seguenti versi del XVII canto del Paradiso (58-60):

Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale.

Ecco il suo commento:

«Quando Dante scrive la Divina Commedia egli è in esilio, allontanato dalla sua Firenze a seguito di una condanna per baratteria, in realtà per rivalità politiche. Nel Poema in molti gli predicono l’esilio […]. È l’avo Cacciaguida a spiegargli come sarà difficile il lungo peregrinare in giro per l’Italia, amaro sentirsi forestiero e duro salire e scendere l’altrui scale. Gesù si sente solo, straniero tra quei soldati che lo deridono e disprezzato da quella folla che gli è ostile: egli, nostro pane, prova ora “come sa di sale / lo pane altrui”, egli si appresta a salire quel “duro calle” del calvario perché, giunto in cima e aperte le braccia sulla croce, nessuno di noi debba sentirsi più in esilio.»

Così, proseguendo attraverso i drammatici momenti della Passione, si giunge a quando Gesù viene deposto dalla croce e messo nel sepolcro. Questi i versi scelti, dal XII canto dell’Inferno (37-42):

Ma certo poco pria, se ben discerno,
che venisse colui che la gran preda
levò a Dite del cerchio superno,
da tutte parti l’alta valle feda
tremò sì, ch’i’ pensai che l’universo
sentisse amor…

La spiegazione prende le mosse dalle parole di Dante che descrivono la discesa di Cristo agli inferi: la porta infernale viene distrutta, il cerchio dei violenti frana e i ponti crollano sopra la bolgia degli ipocriti. Nel IV canto dell’Inferno, Virgilio ricorda di aver visto “venire un possente, / con segno di vittoria coronato” (52-54), colui che tolse a Dite “la gran preda”, riprese le anime dei giusti.

«In questo scenario di distruzione Virgilio aveva cercato comunque un senso e racconta che quando il profondo abisso aveva tremato “i’ pensai che l’universo / sentisse amor”: nel momento della morte di Cristo, l’universo aveva provato amore, come se tutti i suoi elementi fossero entrati in concordia tra loro. […] Non è più il peccato che lascia un segno sull’uomo, è al contrario la morte di Cristo che squarcia il peccato, è lui che, grazie a quella croce, è in grado di riportare indietro l’uomo che si è perso nella selva; e a noi che crediamo non resta che sforzarci di sentire quell’amore fra tutto quel silenzio, sperare nell’alba della domenica.»

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