Viviamo questo isolamento come un momento di grazia

La riflessione di un missionario in Giappone, dove per secoli i cristiani perseguitati hanno vissuto la fede nelle famiglie.

L’attuale situazione di isolamento in cui ci troviamo, causata dalla pandemia in corso, richiama, come fedeli, a quella vissuta dai cristiani in Giappone dalla fine del Cinquecento, quando vi furono le persecuzioni contro di loro, fino alla modernità. In questo lungo periodo, essi non poterono radunarsi nelle chiese e, quindi, portarono avanti la propria fede nelle famiglie. Padre Andrea Lembo, missionario del Pime e parroco nella grande area metropolitana di Tokyo, su Mondo e Missione riflette sul fatto che, anche in questi giorni di quarantena dell’intera società giapponese, i cristiani stiano portando avanti il proprio culto e rinsaldando i legami familiari. L’opportunità in più data dal vivere oggi è che internet permette una connessione con ciò che c’è fuori dalle mura di casa, anche con i sacerdoti.

«In questi giorni stiamo scoprendo che il nostro villaggio comune del mondo è un villaggio che vive insieme: possiamo condividere in maniera velocissima le notizie via internet o sui social network, ma purtroppo oggi ci troviamo a condividere anche una malattia che si sta propagando in una maniera inaspettata. Viviamo una solidarietà umana forte che è fatta di possibilità ma anche di debolezze. […] Perché solo questo virus ci sta facendo comprendere che siamo un villaggio comune? Diventa importante riconoscerci in questa solidarietà umana e in questo disequilibrio umano nel quale tante volte ci troviamo a vivere la nostra quotidianità. Sì, noi siamo deboli e ci stiamo scoprendo deboli come umanità.»

P. Lembo si dice perplesso sull’atteggiamento di coloro che guardano alla solidarietà e alla salvezza come a qualcosa che tocca solo il proprio Stato. Il virus non può essere considerato come qualcosa di straniero, che viene da terre lontane ed è stato portato da chi non è dei nostri. Questo momento di difficoltà globale deve essere vissuto come un momento di grazia: il cristianesimo non è solo andare a messa la domenica e partecipare al banchetto dell’Eucaristia è una comunione di solidarietà.

«Se pensiamo in maniera radicale il Vangelo noi dobbiamo capire che anche la solidarietà nella salvezza è un qualcosa che ci è stata donata da uno straniero: Gesù non era italiano, non era europeo, era un ebreo di duemila anni fa e lui per il suo sacrificio sulla Croce ha portato la salvezza a tutti. Allora come viviamo in questo momento una solidarietà umana nella malattia, cominciamo a pensare a una solidarietà della salvezza che trascende ogni cultura, che trascende ogni religione, perché l’evento di Gesù sulla Croce è stato un evento universale.»