Voci sulla guerra dalla Chiesa in Terra Santa

Dopo l’attacco missilistico di Hamas e la risposta armata di Israele, migliaia di morti e persone in fuga da Gaza, i cristiani chiedono dialogo.

Una Giornata nazionale di digiuno, preghiera e astinenza per la pace e la riconciliazione è stata promossa per martedì 17 ottobre 2023 dalla Presidenza della CEI in comunione con i cristiani di Terra Santa secondo le indicazioni del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini, che ha chiesto alle comunità locali di incontrarsi nella preghiera corale per consegnare a Dio Padre la nostra sete di pace, giustizia e riconciliazione. Dopo il terribile attacco missilistico di Hamas contro Israele e la violenta reazione dell’esercito israeliano nel territorio palestinese della Striscia di Gaza, sono oltre quattromila le vittime di entrambi i popoli e centinaia di migliaia i palestinesi in fuga.

Mons. Rafic Nahra, vescovo ausiliare di Gerusalemme e vicario patriarcale per Israele, ha affermato che «Quanto è successo sabato scorso [7 ottobre 2023] è un fatto davvero impressionante e difficile da sopportare. La reazione di Israele è altrettanto forte, per la morte di molti civili che erano disarmati e inermi. […] Chiaro che si tratta di atti inaccettabili e che non possono essere in alcun modo giustificati. Al tempo stesso è altrettanto evidente che vi è una rabbia dilagante fra i palestinesi che si è andata accumulando negli anni, sentendosi impotenti perché altri decidono o hanno deciso per loro in passato. Dai nuovi insediamenti alle irruzioni ad al-Aqsa, questi fattori hanno alimentato e continuano a nutrire una grande ira nel popolo palestinese che, in questo modo, appare destinata a non finire mai» (AsiaNews).

Il frate francescano arabo Ibrahim Faltas, vicario della Custodia di Terra Santa, ha commentato scioccato: «La situazione attuale può essere descritta come orribile! Vivo qui da molti anni, ma non ho mai visto nulla di simile. Ho vissuto durante le guerre, ma la situazione non era così grave come ora. […] I cristiani stanno affrontando difficoltà e sfide in tutti i luoghi, da entrambe le parti, poiché tutte le istituzioni ecclesiastiche e i monasteri sono attualmente chiusi e i dipendenti non possono raggiungere i loro posti di lavoro a causa del coprifuoco. […] I cristiani hanno paura di lasciare le case e i rifugi e, quindi, tutto il nostro lavoro si è al momento fermato» (ACI Stampa).

Padre Gabriel Romanelli, parroco di Gaza, racconta delle centinaia di individui che sono ospitati dalla cinque strutture della Chiesa cattolica locale, cinquecento solo in parrocchia. L’esercito israeliano ha intimato di evacuare il nord della Striscia, ma tutti gli edifici si trovano in quell’area e la Chiesa non ha strutture a sud. I fedeli non vorrebbero spostarsi, perché «le persone sono attaccate e unite alla parrocchia, che è il centro umano e spirituale delle loro attività» (Vatican News).

Il cattolico palestinese Bernard Sabella, segretario esecutivo del servizio ai rifugiati palestinesi del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente, allarga la prospettiva: «La verità è che la situazione odierna trae origine da un conflitto di lunga data, con una occupazione che dura da cinquantasei anni e senza una fine politica in vista. […] La stabilità e la sicurezza in Medio Oriente non possono essere raggiunte con le armi, ma bisogna fare di tutto per fermare il conflitto e riaprire la via del dialogo e della soluzione negoziata, per garantire la sicurezza di Israele e la creazione di uno Stato palestinese» (AsiaNews). Suor Nabila Saleh, direttrice della Rosary’s sisters school a Gaza, chiede infatti: «Non possiamo fare altro che pregare per chi ha in mano le sorti della guerra, Dio illumini le loro menti. Pregate per noi, il momento è tragico» (Agenzia SIR).