La Lettera al popolo di Dio dal Sinodo sulla sinodalità

In vista della pubblicazione della relazione di sintesi, i partecipanti all’assemblea sinodale hanno voluto scrivere a tutti i fedeli.

«La vocazione della Chiesa è annunciare il Vangelo non concentrandosi su sé stessa, ma ponendosi al servizio dell’amore infinito con cui Dio ama il mondo. […] È la fiducia che ci dà l’audacia e la libertà interiore che abbiamo sperimentato, non esitando a esprimere le nostre convergenze e le nostre differenze, i nostri desideri e le nostre domande, liberamente e umilmente». Non hanno avuto paura di rispondere alla chiamata di Papa Francesco i partecipanti alla prima sessione della sedicesima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi in corso in Vaticano, che si sono confrontati nel contesto di un mondo in crisi segnato da troppe guerre.

Lo hanno scritto nella Lettera al popolo di Dio che hanno approvato ieri, a due anni dall’inizio del cammino sinodale di ascolto e discernimento all’interno della Chiesa, in vista della pubblicazione della relazione di sintesi dei lavori che termineranno questa domenica, la quale «chiarirà i punti di accordo raggiunti, evidenzierà le questioni aperte e indicherà come proseguire il lavoro» verso la seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità che si terrà nell’ottobre dell’anno prossimo. Nel documento si legge che, su invito del Papa, per la prima volta «uomini e donne sono stati invitati, in virtù del loro battesimo, a sedersi allo stesso tavolo per prendere parte non solo alle discussioni ma anche alle votazioni», dando «uno spazio importante al silenzio, per favorire tra noi l’ascolto rispettoso e il desiderio di comunione nello Spirito».

I membri del Sinodo affermano poi che, per progredire nel suo discernimento, la Chiesa ha assolutamente bisogno di ascoltare tutti scegliendo un cammino di conversione, che è anche un cammino di lode. Bisogna partire dai più poveri, da coloro che non hanno diritto di parola nella società o che si sentono esclusi anche dalla Chiesa stessa, dalle persone vittime del razzismo in tutte le sue forme e degli abusi commessi da rappresentanti del corpo ecclesiale. Bisogna ascoltare i laici e le laiche, perché tutti sono chiamati alla santità in virtù della loro vocazione battesimale, accogliendo le voci di coloro che desiderano essere coinvolti in ministeri laicali o in organismi partecipativi di discernimento e decisione. Bisogna raccogliere ancora di più le parole e l’esperienza dei ministri ordinati, dai sacerdoti ai diaconi fino alla vita consacrata, ma anche di quelli che non condividono la fede cattolica cercando comunque la verità.

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